Parashat Bereshit: la creazione di un mondo imperfetto

di Redazione
Questa settimana leggiamo Parashat Bereshit, la prima Parashà del Pentateuco. La Parashà della creazione del mondo, del buio e della luce, di Adamo ed Eva, del frutto del peccato. E proprio a proposito del primo peccato commesso dall’uomo oggi parleremo. Un peccato che è stato discusso molto nei secoli, ma che non ha mai trovato una risposta che soddisfacesse pienamente i fedeli. Secondo alcuni, il primo peccato non è altro che il padre di tutti i peccati commessi nella storia dell’umanità. Colui che ha dato inizio al tutto.
Secondo il Midrash, il mondo prima del peccato di Adamo ed Eva era un mondo privo di Yetzer Harà, ovvero privo di istinto malvagio. Ci domandiamo allora come sia possibile che i primi uomini arrivati sulla terra abbiano commesso un peccato simile, se non erano mossi da un istinto malvagio. Com’è possibile che Eva abbia colto il frutto del peccato nonostante Dio gliel’abbia proibito, se in lei vi era un animo del tutto puro e integro?
Il Maharal spiega che il mondo è stato effettivamente creato senza istinto malvagio, proprio come racconta il Midrash, ma al contempo Dio l’ha creato imperfetto ed incompleto. Volontariamente imperfetto ed incompleto. L’intento di Dio infatti non era quello di offrire all’uomo un luogo perfetto in cui vivere, bensì fare in modo che l’uomo si impegnasse affinché esso lo diventi. Dio non voleva che non peccassimo, bensì voleva che attraverso il peccato riparassimo ciò che c’era di sbagliato ed imperfetto nella nostra fetta di mondo.
Rav Sacks spiega che prima di aver creato l’uomo, Dio aveva creato il pentimento ed il perdono, conscio che l’uomo avrebbe peccato, sbagliato, perso la retta via. D’altronde l’uomo è uomo, non è un angelo. L’uomo è fatto di anima e corpo, di passioni, di emozioni, di sentimenti. L’uomo non è stato dunque brevettato per non sbagliare, bensì è stato creato per aggiustare ciò che è stato rotto, per pentirsi dello sbaglio commesso ed impegnarsi a rendere questo mondo un luogo un po’ meno imperfetto e un po’ più completo in cui vivere.

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