La Parashà della settimana: Vaerà

Grafica FB Parashà

di Jonathan Di Veroli

Questa settimana leggiamo la Parashà di Vaerà, la seconda del libro di Shemòt. Quella precedente si è conclusa con un dialogo fra Moshè e il Signore che, sentendo le sue preoccupazioni sulla missione di salvare i figli di Israele dall’Egitto, lo rassicura. Ma in questa Parashà il Faraone non vuole lasciar libero il popolo ebraico e quindi assistiamo all’invio di alcune delle piaghe. La preoccupazione per il proprio Paese avrebbe dovuto spingere il Faraone a liberare gli ebrei, ma non è così: per ogni piaga lanciata sugli egiziani, il cuore del Faraone si indurisce sempre di più. La prima piaga è chiamata “דם – sangue”, perchè le acque dell’Egitto mutarono in sangue. La domanda che si sono posti i nostri Maestri è la seguente: se le acque erano diventate sangue, gli egiziani come facevano a bere? Le risposte possono essere molteplici, alcuni rispondono che compravano l’acqua dagli ebrei, in quanto non colpiti dalla piaga. È interessante capire perché, fra tante possibilità, la prima piaga riguardi proprio questo elemento. Nell’ebraismo, l’acqua rappresenta la Torah e la vita, quindi la base dell’ebraismo. Come l’uomo non può vivere senza acqua, così l’ebreo non può vivere senza Torah e non a caso lo stesso elemento lo ritroviamo in più episodi biblici: le acque del Nilo da cui viene salvato Moshè, il passaggio nel Mar Rosso e altro ancora. Questo ci ricorda che l’ebraismo ha un rapporto speciale con l’acqua e la natura in generale, e quindi abbiamo l’obbligo di preservarla e proteggerla.

Shabbat Shalom!


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