La battaglia per la libertà, non solo un sogno – Intervista a Behnam Safayi, dissidente iraniano

di Gabriel Venezia
L’Iran che conosciamo oggi non è più il regno dello Scià di Persia, Reza Pahlavi. Dal 1979 è una Repubblica islamica dominata da una teocrazia che schiaccia i diritti, le donne, le minoranze e qualsiasi forma di modernità. Dalla morte di Mahsa Amini, nel 2022, per mano delle autorità morali di Teheran, il dissenso interno ha cominciato a manifestare la propria intolleranza verso il regime. La voglia di emancipazione resiste nel cuore di ogni cittadino. Fra questi c’è Behnam Safayi, che tre anni fa si è trasferito a Roma per studiare. Sogna il suo paese privo delle catene degli Ayatollah. HaTikwa lo ha intervistato per comprendere il sentimento dei dissidenti iraniani.
Benham, per che cosa lotti?
Ho iniziato il mio attivismo politico fin dalle scuole superiori e faccio il possibile per aiutare i miei compagni iraniani a liberare il nostro paese dal regime sanguinario e disumano
iniziato nel 1979. Sono uno dei cofondatori dell’associazione Donna Vita Libertà, nata con il movimento Mahsa Amini. Non ci battiamo solo per i diritti delle donne, che sono le
più colpite, ma miriamo ad aiutare tutti gli iraniani che lottano contro gli Ayatollah. La diaspora iraniana ha un ruolo importante nel sensibilizzare su ciò che sta accadendo a casa e
nel sostenere la lotta per la libertà.
Cosa ne pensi della situazione attuale in Iran?
È il caos, un sistema di distruzione, un regime che si disinteressa totalmente delle persone. I loro unici interessi sono propagare l’ideologia islamica radicale e rimanere al potere. Hanno distrutto tutto, dall’economia ai diritti sociali fino alla libertà. Le donne non hanno più diritti e sono le vittime predilette del regime. Mentre il popolo soffre, i vertici investono i contribuiti pubblici per finanziare il terrorismo all’estero verso Hamas, Hezbollah e Houti, anziché per il benessere degli iraniani. Per un futuro migliore dobbiamo sperare nel
crollo della Repubblica islamica.
Quanto conta l’opposizione interna e il ruolo dei dissidenti?
L’opposizione interna è fondamentale.Persone come Fatemeh Sepehri, Majid Tavakoli e Bahareh Hedayat, che in Iran si oppongono con grande coraggio al regime, contribuiscono ad accendere un barlume di speranza nei cittadini. Nonostante la repressione e gli arresti, resistono senza paura e stanno mostrando all’intera nazione che il sistema deve crollare e che il cambiamento sta arrivando. Con “Donna, Vita, libertà” noi crediamo che il regime crollerà, parlare del nostro lavoro è importante per far capire che il sacrificio della nostra gente non è stato inutile.
Qual è la tua opinione sui manifestanti occidentali che, nelle manifestazioni pro-Palestina, sventolano fieramente le bandiere della Repubblica Islamica e di Hezbollah?È veramente frustrante. Capisco perfettamente il senso di tristezza verso i civili, ma chi sono i responsabili di questa situazione? Sono quei gruppi terroristici che usano le persone come scudi umani, che si nascondono dietro ai civili negli ospedali, nelle scuole, nei quartieri popolosi dove programmano i loro attacchi e nascondono le armi. Iniziano le guerre e si celano dietro agli innocenti, incolpando Israele per la reazione. Credo che molti manifestanti occidentali non capiscano a pieno la natura di questi gruppi. Vivono in libertà e non hanno idea di che cosa significhi vivere sotto un regime totalitario.
Ci sono tanti iraniani che partecipano alle manifestazioni pro-Israele sventolando le bandiere con il leone e il sole…
Quella con il leone e il sole è la nostra vera bandiera, che rappresenta l’Iran e non il regime degli Ayatollah. La vediamo alle manifestazioni pro-Israele perché il popolo
iraniano sta con Israele, storicamente i due popoli sono amici. La nostra connessione risale a centinaia di anni fa, dal tempo di Ciro il Grande, liberatore del popolo ebraico dal
giogo babilonese. Ancora oggi questo rapporto di amicizia esiste, entrambi soffriamo per colpa dell’ideologia islamista radicale che provoca dolore e distruzione.
Ci sono ancora degli ebrei che vivono in Iran. Quanto è importante la loro presenza?
Una comunità che vanta 2500 anni di storia. Ma i suoi numeri sono dimezzati a causa del regime che ne perseguita i membri, tenendoli sotto stretta sorveglianza e privandoli della
libertà. Servono alla propaganda per far apparire la Repubblica islamica tollerante, ma la realtà è molto diversa. Come le altre minoranze, sono vittime di discriminazioni cui
non viene permesso di vivere liberamente la propria religione. Però la loro presenza rimane importante, perchè ci ricorda quanto l’Iran, prima, fosse ricco di diversità. Loro, esattamente come gli altri cittadini iraniani, meritano di vivere liberamente da questo regime oppressivo.
A fronte della situazione attuale, temi una escalation tra Israele e Iran?
Penso sia inevitabile, perché il regime islamico continuerà a portare avanti i suoi atti terroristici nella regione, e Israele risponderà. Ma non credo nella guerra su
larga scala. Israele continuerà a indebolire le milizie iraniane e, quando il regime verrà indebolito, la popolazione iraniana si solleverà per rovesciare la Repubblica islamica. La mia
speranza è che non succeda nulla che possa minacciare gli innocenti iraniani. Quando il regime cadrà, tutto tornerà alla normalità e saremo in grado di vivere in pace, visitando i nostri rispettivi paesi.
Che futuro sogni per l’Iran?
Quando l’Iran sarà libero, molti di loro torneranno e porteranno le loro conoscenze in patria aiutandone l’accelerazione e lo sviluppo. Quando saremo liberi, sono sicuro che l’Iran
diventerà una grande potenza economica sia in campo regionale che globale. Non è solo un sogno, ma un piano. Ci potrebbe volere del tempo, ma abbiamo tutte le carte in regola per farcela. Il popolo dell’Iran potrà finalmente godere della prosperità e del benessere chemerita.

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