In memoria di Willy Duarte

willy

di Gavriel Hannuna e Luca Clementi

 

Nessun uomo è un’isola, intero in sé stesso. Ogni uomo è un pezzo del continente, una parte della Terra. Se una zolla viene portata dall’onda del mare, l’Europa ne è diminuita, come se un promontorio fosse stato al suo posto, o una magione amica, o la tua stessa casa. Ogni morte d’uomo mi diminuisce, perché io partecipo dell’umanità. E così non mandare a chiedere per chi suona la campana: Essa suona per te.

John Donne, poeta inglese

 

Era un normale sabato sera per Willy Duarte, un ragazzo di 21 anni di Paliano che sognava di diventare un cuoco. Lui e un suo amico erano fuori ad un locale a Colleferro quando hanno notato una rissa in corso; decidono di agire e cercare di placare gli animi, ma qualcosa va storto. Secondo le prime ricostruzioni, non ancora accertate, Marco e Gabriele Bianchi, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli hanno aggredito inferociti l’amico di Willy; lui ha cercato di proteggerlo, e i quattro gli si sono accaniti contro. Lo hanno massacrato, per poi scappare quando si sono resi conto conto di ciò che avevano fatto. Quando Willy è arrivato in ospedale, era già senza vita.

Con l’unica colpa di aver cercato di evitare una rissa e di salvare il suo amico, il giovane di Paliano è scomparso, morto tra i calci e pugni di quattro vigliacchi, che nell’interrogatorio di garanzia hanno dato versioni discordanti sull’accaduto. E anche in questo caso, la reazione da parte della stampa lascia spazio a qualche perplessità. Subito articoli che parlano di tatuaggi e Arti Marziali Miste: sul banco degli imputati gli sport da contatto e i tatuatori, come un “ragni e Visigoti” nextgen di benignana memoria.

Il giornalismo italiano non perde mezza opportunità di perdere un’opportunità, costringendo in lacrime il maestro degli assassini a discolpare sé stesso e la disciplina che insegna davanti ai riflettori di tutto il paese, e un grande campione di MMA come Alessio Sakara ad intervenire in televisione per spiegare (come se ce ne fosse bisogno) che non è colpa delle Arti Marziali se dei vigliacchi hanno massacrato un ragazzino. Il tutto condito da una miriade di iniziative, interviste, sensibilizzazioni su un mondo che dovrebbe essere chiaro e conosciuto da tutti. È come se l’ambiente degli sport da contatto stesse cercando di discolparsi di qualcosa che non ha effettivamente commesso. Questo fa rabbrividire. Si sarebbero potute scrivere pagine e pagine di articoli sul degrado delle periferie, sulla necessità di istruire e sensibilizzare le nuove generazioni, invece si scrive di ciò che attira l’attenzione del lettore: le cose completamente inutili. “Fortunatamente”, dopo gli omicidi ai danni degli afroamericani negli Stati Uniti, il tema razzismo si è riscaldato parecchio nell’ambiente della stampa italiana, e su questo non ci sono state omissioni: sono state condotte ampie ricerche sul passato degli assassini, ritrovando sul web commenti e minacce a sfondo razzista.

Il giornalismo gioca un ruolo fondamentale all’interno dei fatti di cronaca: la non considerazione di punti focali della vicenda può far sì che quanto accaduto si ripeta ancora. E questo fa paura.


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